venerdì 9 maggio 2014

Recensione: "Quando leggerai questa lettera" di Vicente Gramaje





"A volte il modo migliore di affrontare i propri fantasmi
è parlarne con uno sconosciuto,
qualcuno che non sia un familiare, un amico, un collega di lavoro,
qualcuno col quale non si ha alcun vincolo emotivo.
Lei era una sconosciuta,
poco mi importava ciò che avrebbe pensato,
non temendo il suo giudizio 
mi sarebbe stato più facile tirar fuori tutto quello che mi tenevo dentro.
Quando se ne fosse andata,
la sconosciuta si sarebbe portata via con sè le proprie opinioni,
e la mia vita sarebbe continuata come prima,
come se quella confessione non ci fosse mai stata."


Victor si sente un uomo finito. La perdita della moglie pesa sul di lui come un macigno sul petto che gli toglie il respiro. Lui è un medico, è il suo lavoro curare e guarire le persone, eppure non si perdona il fatto di non essere riuscito a salvare la vita della moglie, che il cancro ha preso senza preavviso. 
Se solo non avessi trascurato quel leggero gonfiore che lamentava lei al seno, forse avrei potuto salvarla...
Questo è il mantra che Victor si ripete mentalmente ogni giorno e questo pensiero lo tormenta a tal punto da trovare difficile andare avanti con la propria vita, perchè lui è ancora vivo, anche se una parte di lui è morta con lei, in quell'anonimo letto d'ospedale. Per questo motivo decide di prendersi un anno d'aspettativa dal lavoro e parte per il Monte Arruit in Marocco. Un viaggio questo che risveglierà il suo cuore ferito... rendendolo testimone di qualcosa di speciale e prezioso.

"Vidi una folla radunata intorno a una scavatrice e alle auto della polizia.(...)
Come tutti i presenti, ignorai bellamente la recinzione che delimitava l'area
e mi avvicinai alla parete umana che circondava il perimetro di uno scavo
e guardava all'interno con curiosità.
-Cosa hanno trovato?- domandai a un vecchio dall'aria gentile.
-Morti-, mi rispose in tono tranquillo.(...)
-Sa chi sono?- domandai.
-Sono dei vostri.-
-Dei nostri? In che senso?-
-Soldati spagnoli, sono lì da quasi cent'anni.-(...)
Per un pò girai là intorno,
poi mi avvicinai al mucchio di terra che la pala meccanica aveva estratto,
e dal quale spuntava qualcosa che sembrava una costola:
mi chinai e con l'aiuto di un bastoncino frugai nel cumulo.(...)
Ero incuriosito.(...)
Scavando portai alla luce una bottiglia di vetro
identica a quelle che si vedevano nelle vecchie farmacie.(...)
Avevo trovato un souvenir.
Temendo che qualcuno potesse riprendermi,
mi guardai attorno con un certo timore e, messa la bottiglia nella sacca, mi rialzai.(...)
La guardai in controluce, ma le incrostazioni impedivano di vedere all'interno.
Andai a mettere la bottiglia sotto il getto del lavabo.(...)
Ripulii energicamente la bottiglia e l'asciugai : dentro c'era qualcosa.(...)
All'interno si vedeva qualcosa di lungo, sembrava un foglio arrotolato.
Feci per togliere il tappo, ma mi resi conto che il mastice che lo sigillava era ceralacca:
qualcuno aveva voluto che quello scritto rimanesse davvero al sicuro dentro la bottiglia.(...)
Chi l'aveva sigillata?
Come era arrivata là e quanto tempo era rimasta sepolta?"




Victor incuriosito e affascinato dalla lettera misteriosa decide di saperne di più, per questo motivo, l'indomani ritorna allo scavo. Questa volta non è così semplice per lui avvicinarsi alla fossa, i militari stanno già lavorando assiduamente per raccogliere ogni cosa. Lì, Victor incontra per caso il Capitano Claudia Navarro, l'unica persona disposta a parlare con lui dell'accaduto.


"Che cosa posso fare per lei? Credo di capire che lei non è un giornalista.-
-No, certo, le ho detto che sono un medico. Mi perdoni, non voglio disturbarla,
ma mi piacerebbe sapere qualcosa sui resti che sono stati trovati qui.-(...)
Sa chi erano e come mai sono stati sepolti qui?- insistetti.(...)
Nell'estate del 1921 tutte le posizioni spagnole a ovest di Melilla capitolarono in soli tre giorni.(...)
Fu un disastro logistico e umano impressionante, più di diecimila morti.(...)
Soldati allo sbando, totalmente disorganizzati, si rifugiarono qui, a Monte Arruit.
A quel tempo c'era un forte, di cui non è rimasto nulla, 
e quei tremila soldati finirono lì, sotto assedio.(...)
Il Generale Navarro si rifiutò di abbandonare i feriti 
per tentare di arrivare a Melilla con il resto delle truppe 
e decise di rimanere qui, confidando nei soccorsi. Ma quell'aiuto non arrivò.(...)
I soldati resistettero finchè poterono (...). Uscirono dal forte abbandonando le armi.(...)
Quando ormai erano tutti disarmati, i berberi si gettarono su di loro e li massacrarono.(...)
Mesi dopo, quando la posizione fu riconquistata, rinvennero tutti i cadaveri insepolti.(...)
Scavarono una grande fossa comune a forma di croce, La croce di Monte Arruit, 
così grande che si poteva vedere dal cielo.
Nel 1949, quando il territorio stava per essere ceduto al Marocco,
 la fossa fu riaperta e i corpi riesumati.
Ma a quanto pare qualcuno era rimasto, gli ultimi morti di Monte Arruit.-(...)
Ecco, le ho detto quello che voleva sapere, e ora, se vuole scusarmi, devo portarli a Melilla.-(...)
Era chiaro che per il capitano Claudia Navarro quelle ossa avevano un significato speciale, 
era come se fossero appena morti, e avessero un nome e un cognome...
-Impossibile identificarli, vero?-
-Non ha senso, allora non c'erano piastrine di riconoscimento 
e non abbiamo trovato nessun oggetto personale con un nome. 
Fare la prova del DNA è assolutamente fuori discussione.-(...)
Le tesi la mano i un gesto cordiale, e le dissi:
-Capitano, grazie delle spiegazioni che mi ha dato e del tempo che mi ha dedicato.-(...)
L'autobus arrivò puntuale. Appoggiai la testa alla spalliera e mi rilassai.
Eppure, non riuscivo a smettere di immaginarmi come fosse il paesaggio a quel tempo, 
dove fosse il forte, che cosa avessero provato i soldati,
quando ormai allo scoperto e disarmati, avevano capito che li avrebbero ammazzati.
La mia mano incontrò la bottiglia dentro la sacca e automaticamente cambiai idea: 
l'avrei rotta e avrei visto che cosa conteneva."




"Noelia Claramunt Pellicer
Calle de la Iglesia n.12
Villargrueso de la Ribera
Turuel

Mittente:
Capitano Pedro Gimeno Trester
Guarnigione di Chemorra, 27 Luglio 1921




Victor rompe la bottiglia e trova una  lettera scritta dal Capitano Trester presumibilmente alla sua amata e nonostante la forte curiosità di leggerne il contenuto, si rende conto che gli ultimi pensieri del Capitano verso la donna, siano sacri e inviolabili. Deve trovare quella donna o qualcuno della sua famiglia e consegnare loro la busta. Quelle parole meritano di essere lette. Victor non sa se riuscirà a trovare la famiglia Pellicer, ma deve fare un tentativo e il destino lo aiuterà rimettendo sulla sua strada Claudia Navarro a cui chiederà aiuto.

Riuscirà Victor a trovare i discendenti di Noelia,
rendendo omaggio all'eroico coraggio dell'uomo
 che ha sacrificato la sua vita per la patria?

Victor pensa che questo "viaggio" verso l'ignoto servirà a dare pace all'anima di questo valoroso uomo caduto in battaglia, ma forse attraverso lui, egli riuscirà a lenire le sue ferite, e la profonda cicatrice comincerà a rimarginarsi... grazie anche a Claudia, che diventerà per Victor un'ancora di salvataggio, dal mare in tempesta che gli tormenta il cuore.




Il commento di Michela

Questa non è una storia d'amore e neppure vuole essere un semplice romanzo storico, ma è uno splendido libro che parla di sofferenza dell'anima e di perdono, di amore e di speranza. Il romanzo -tratto dal vero Disastro di Annual, avvenuto appunto in Marocco nel 1921- racconta contemporaneamente la storia di Victor e la sua lotta interiore per perdonare se stesso per la morte della moglie, e le vicende del Capitano Gimeno, che rivive e racconta la sua storia, grazie al ritrovamento di una sua lettera indirizzata all'amata. Molti i particolari descritti da Vicente Gramaje e raccontati in prima persona dallo stesso Capitano, con un salto temporale di circa novant'anni prima, alla vigilia della sanguinosa battaglia di Arruit, particolari che in alcuni tratti possono essere considerati un pò 'cruenti', ma che permettono al lettore di immedesimarsi nel contesto tragico e quasi irreale che solo una guerra può creare. L'intero romanzo è un alternarsi narrativo tra i due uomini, che in epoche diverse raccontano la loro storia, una storia romantica, ma non sdolcinata e banale, come invece può accadere in un qualunque romanzo d'amore. Un libro che mi sento di consigliare a chiunque abbia il desiderio di leggere e di emozionarsi, quasi fino alle lacrime.

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