Innanzitutto voglio ringraziare quanti di voi hanno partecipato con entusiasmo. Sono rimasta davvero sorpresa dal numero di lavori che mi avete inviato in queste settimane. Ovviamente il Blog è ancora in "fasce" e quindi in fase di crescita, ma mi fa davvero un enorme piacere vedere che mi seguite e condividete con me questa passione. Grazie grazie davvero!
Ma ora bando alle ciance, facciamo sul serio!
Come sapete, mio malgrado, ho dovuto fare una scelta tra tutti i lavori ricevuti e selezionarne quindi solamente una parte. Non me ne vogliano davvero gli altri amici e lettori che purtroppo non vedranno il loro lavoro pubblicato sul Blog. Sappiate che ne custodisco gelosamente una copia e non mancherà più in là nel tempo occasione per leggerlo qui tutti insieme.
Come già avevo spiegato tempo fa nel post precedente, gli autori, oltre a veder pubblicati i propri lavori nel blog, saranno invitati da me a partecipare a un piccolo amichevole incontro qui al Literary Cafè per fare quattro chiacchere insieme e raccontarsi. Vi piace come idea? A me moltissimo!
Settimanalmente quindi, pubblicherò il lavoro del fortunato autore e prenderemo in sua compagnia un caffè virtuale, com'è consuetudine fare in ogni Literary Cafè che si rispetti! Giusto?
Ok ragazzi, allora cominciamo questa settimana con un breve racconto che io ho trovato BELLISSIMO e sono sicura che tutti i fan di Anita Black, ma soprattutto di Jean-Claude come la sottoscritta del resto, non potranno non amare! L'autrice di questo pezzo è Morgana, che si intuisce ami molto questa saga come tutti noi, tanto da trarne addirittura spunto per una storia... Ma non voglio svelarvi troppo, sarà lei stessa a parlare di sè più avanti. Per ora non posso fare altro che augurare a tutti voi... una buona lettura in nostra compagnia!
E SIA…
Gli sarebbe bastato aspettare un paio d’ore; anche meno, forse, a giudicare dal suono inconfondibile della natura al suo risveglio. Tutto, intorno a lui, sembrava intenzionato ad assecondare il suo desiderio. Il manto d’erba su cui era disteso accarezzava dolcemente la sua pelle, accompagnato da una lieve brezza che avvolgeva il suo corpo in modo così seducente che la semplice idea di muoversi gli appariva insensata. Lo splendore della luna illuminava implacabile il suo viso spento e deforme. Era esattamente così che si sentiva: spento e deforme. Solo i suoi occhi rilucevano vividi, illuminati dai riflessi che scintillavano tremuli sullo specchio d’acqua insolitamente immoto, come se avesse deciso di fermarsi lì proprio per salutare il suo compagno di tante notti solitarie e tristi. Sembrava impossibile che, soltanto la sera prima, quello stesso cielo sembrasse una punizione divina, quasi che chiunque governasse l’universo avesse deciso di mostrargli la sua onnipotenza ricordandogli che la misera esistenza che ancora si ostinava a vivere non era che uno sbaglio. Solo poche ore prima aveva rischiato di morire; perché era con lui che Dio aveva deciso di infierire, su questo non aveva ormai alcun dubbio. Anche questa volta, era stato Jean Claude a strapparlo dalla fine, a salvarlo dal castigo supremo che, a quanto pare, si era ripresentato a reclamarlo a distanza di un secolo. E, per l’ennesima volta, Asher non si capacitava del perché. Non perché il destino ce l’avesse con lui; si domandava per quale motivo fosse ancora vivo. Sapeva che doveva andar via, fuggire, e impedire a se stesso di umiliarsi ancora. Perché, se avesse esitato anche solo un istante in più, non sarebbe bastato il suo stupido orgoglio ferito ad impedirgli di cedere, e supplicare entrambi di usarlo liberamente e fare di lui ciò che desideravano senza alcuna pietà. In fondo, era questo un destino peggiore di quello a cui invece sembrava condannato? Lasciarsi dominare da un Incubus, abbandonarsi al piacere devastante dell’Ardeur, esserne sì schiavo, ma sentire di nuovo il proprio corpo vivere e bruciare sotto il potere di una creatura che lo amava da così tanto tempo... Era forse peggio che restare in disparte ad affliggersi, a compiangersi lasciando che l’amarezza corrodesse la sua anima fino alla fine? Ci pensava da così tanto tempo... Quante volte lo aveva ripetuto a se stesso? Che avrebbe preferito morire, piuttosto che continuare quella miserabile esistenza; che in fondo la sua vita si era conclusa con la morte della sua amata Julianna, e che continuava a sopravvivere soltanto per quella devastante voglia di rivalsa che si ostinava a chiamare vendetta. Ma alla fine si era dovuto arrendere, e accettare che una parte della sua anima fosse ancora in vita, perché non si era mai piegata alla sua ira insensata. Ed era viva solo per lui, che nonostante tutto aveva continuato a inseguirlo per oltre cento anni, irremovibile, come la coda sfocata di una cometa che sembra sempre in procinto di staccarsi come fosse solo un’insignificante appendice; mentre è la sola cosa bella di ogni misera stella cadente. Cosa ne sarebbe stato di lui senza Jean Claude? Lo sapevano tutti. Per questo tutti lo detestavano. Un Master incapace di sfuggire a dei semplici umani, incapace di salvare e proteggere la sua serva umana e rimasto in vita grazie a un vampiro inferiore, un novellino che lo aveva strappato alla morte, e che per lui aveva fatto l’impossibile pur di evitargli l’estrema punizione che invece avrebbe meritato. E come lo aveva ripagato? Allontanandolo, trattandolo come un infame traditore e vigliacco, lasciando che vivesse un inferno che non meritava. Lo aveva lasciato solo.Ostentare ancora il suo odio per lui era sciocco e insensato; una falsità talmente evidente che, persino riflettendoci adesso, non poteva trattenersi dal sorridere della sua cieca ipocrisia verso se stesso. Ma era un sorriso amaro, e la colpa era soltanto sua; sua e della sua stupida ostinazione, della sua irascibilità e di quella dannata gelosia che, quando si trattava di Jean Claude, si trasformava in un parassita sanguinario che lo divorava e lo consumava, rendendolo totalmente incapace di un minimo di ragionevolezza. E il suo volto sfigurato non sarebbe stato altro che un incentivo a quella esasperata insicurezza.
Asher chiuse gli occhi, lasciando che il ricordo della notte passata sfiorasse la sua mente e il suo corpo con tutta la dolcezza e la sensualità delle sensazioni che aveva provato, e la certezza che tutto fosse stato autentico, e giusto; non c’era stata compassione nel modo in cui Jean Claude si era dedicato a lui, al suo corpo, nessuna menzogna nella passione con cui lo aveva guardato, accarezzato, assaporato. Cicatrice dopo cicatrice. Avrebbero potuto ricominciare, di nuovo, insieme, da quella stessa notte. Ma aveva la certezza che avrebbe vissuto ogni singolo giorno aspettando soltanto il momento in cui il suo Jean si sarebbe stancato del suo viso deturpato, di quel corpo a metà, indegno di una creatura come lui. Sarebbero passati mesi, anni, forse secoli. Ma, alla fine, avrebbe rivolto la sua passione verso qualcun altro, qualcuno che avrebbe potuto portare con sé senza vergognarsi, che avrebbe accettato i suoi innumerevoli amanti senza soffocarlo con la sua gelosia; qualcuno che non avrebbe mai osato fargli quello che lui gli aveva fatto. Forse Jean Claude lo aveva perdonato, ma lui non avrebbe mai perdonato se stesso. Quel gesto meschino sarebbe stato per sempre una macchia tra le pagine della sua vita.
In fondo, la sua era stata un’esistenza onorevole, a tratti gloriosa. Trent’anni di lussi e sfarzi, viziato e adorato da uomini e donne, amici o semplici servitori; lui stesso aveva poi scelto un’esistenza da vampiro, ed era stata più di quanto si aspettasse. Era bello, potente, temuto. Aveva amato la sua Master e, più di lei, il potere che gli aveva regalato. Aveva trovato un compagno con cui condividere quella vita spensierata, fatta di risate, follie, perversioni e un amore così profondo di cui da umano non era mai stato capace. Era stato felice con Jean Claude. E con Julianna. Avrebbe davvero voluto morire quella notte, con lei; sarebbe stata una fine giusta, dopo una vita goduta in pieno, divorata fino all’ultimo morso. Ma il destino ha un senso dell’umorismo piuttosto macabro, e gli aveva regalato cento anni da scontare per la gioia, evidentemente immeritata, con cui aveva vissuto fino ad allora.
Un singola lacrima attraversò la sua guancia sfregiata. Per quanto a lungo sarebbe ancora stato su questa terra, il ricordo di lei sarebbe stato per sempre una ferita aperta. Ma Jean Claude era vivo. E gli aveva giurato che non lo avrebbe mai abbandonato.Il pensiero di ricominciare, di riunire il suo destino all’unica persona che aveva amato più di se stesso, più di Julianna, inutile negarlo, era una tentazione irresistibile, come aveva dimostrato piegandosi a lui, spontaneamente, consapevole di quale sarebbe stata la conseguenza. Lo aveva visto tante volte quanto subdolo e devastante fosse il potere di un Incubus, tanto più potente quanto più le sue vittime avessero il reale desiderio di lasciarsi possedere. E lui lo aveva desiderato; lo voleva ancora, e questa era una realtà che non sarebbe mai cambiata. Ecco perché quella notte non poteva essere un nuovo inizio. Ma poteva essere una buona fine. Dopo tanta sofferenza, dopo un odio e un dolore mai conosciuti in precedenza, era stato di nuovo felice; aveva ritrovato il suo compagno, il suo amante, anche se solo per una notte. Era più di quanto meritasse e, soprattutto, molto più di quanto gli fosse possibile. Alla fine la gelosia lo avrebbe portato alla follia, la sentiva già bruciare semplicemente ripensando al perché adesso si trovasse lì. Era quella la sua natura. Irruente e, soprattutto possessivo in un modo quasi malato, lo era da sempre. Ma dopo un secolo di orrori e rabbia, qualcosa era cambiato. Probabilmente, ora lo avrebbe ucciso.
Fece un sospiro e chiuse gli occhi, abbandonandosi alle uniche sensazioni che in quel momento desiderava provare: il vento sulla pelle, il rumore cantilenante della Senna, l’aria frizzante che precedeva il nascere del nuovo giorno, e il fruscio di quegli alberi che ormai conosceva perfettamente. E finalmente avrebbe rivisto il sole. Il mondo si spense, e tutto sparì. Non esisteva più niente, nessun suono, nessun rumore, nessuna luce: solo un’immagine, un volto bellissimo e perfetto che lo accompagnava ormai praticamente da sempre. Non avvertì la presenza alle sue spalle; solo una lieve carezza tra i capelli e un brivido improvviso che lo ridestò.
“Andiamo, Asher.” Sussurrò la voce familiare alle sue spalle. “Si è fatto tardi.” Il suono di quelle parole aveva qualcosa di magico ma insicuro. Asher si sollevò sui gomiti e si voltò. Il volto bellissimo era ora chino su di lui, con un sorriso disarmante e due occhi dolcissimi che luccicavano ansiosi, in attesa di una risposta. Jean Claude si rialzò lentamente, sovrastando l’altro che invece non si mosse. Si fissarono in silenzio, due ombre che i riflessi dell’alba sull’acqua cominciavano lentamente a colorare.
“Ti ho già dato la mia parola.” Bisbigliò con voce morbida. “Cercherò di starti lontano, per quanto sarà in mio potere; non ti imporrò la mia presenza, né ti cercherò.” Asher sentì il suo cuore sobbalzare, ma restò immobile, mentre l’altro riprendeva a parlare. “Ti chiedo soltanto una cosa: ogni volta che ne sentirai il bisogno, in qualunque momento, per qualunque cosa: vieni da me.” Allungò un braccio verso di lui e gli porse la mano. “Non avrai alcun bisogno di implorarmi. Mai.” Un bagliore improvviso attraversò i suoi occhi, e Asher percepì chiaramente il suo potere strisciargli sulla pelle, lieve come una piuma; poi fu come se il mondo cominciasse a vorticare attorno a lui, come se all’improvviso fosse stato messo sotto sopra e scrollato con forza. Il dubbio che Jean Claude lo avesse appena ipnotizzato gli sfiorò la mente, ma per una volta, se anche fosse stato così, non gli importava. Afferrò la sua mano e il contatto gli mozzò il fiato. Si alzò lentamente; non c’era niente di demoniaco o seducente, nessuna tensione erotica, nessuna dimostrazione di potere. Solo un calore intenso, una quiete che non riusciva a comprendere, come se qualcosa dentro di lui fosse stato rimesso al suo posto e un pezzo di vuoto fosse stato colmato. Non perfettamente, ma per un po’, forse, avrebbe potuto continuare a sopravvivere. Per l’ennesima volta, Jean Claude era corso a salvarlo: chi era lui per contrastare il destino?
“Andiamo.” Sussurrò allungando una mano per scostare un ciuffo dal viso del suo salvatore. “O tra un po’ ti toccherà portarmi di peso; sempre che tu non preferisca lasciarmi da qualche parte a incenerire.”
Decisamente no. L’inferno poteva aspettare.
Ciao Morgana, benvenuta nel mio Literary Cafè! Ti offro un bel caffè caldo per scaldare gli animi e darci la giusta energia!
Cominciamo a chiaccherare un pò, ti va? Come ho accennato presentando il tuo racconto E sia... si intuisce che tu sia un'amante del genere fantasy come me e soprattuto una grande fan della saga di Anita Blake della Hamilton, giusto?
Raccontaci qualcosa di te, presentati ai nostri lettori.
Prima di tutto, vorrei ringraziarti per avermi invitato a partecipare, e non ti nego che è stata
una inaspettata sorpresa scoprire che hai scelto proprio il mio racconto per inaugurare questa tua bella iniziativa. Perché in verità io non mi reputo tanto una scrittrice, quanto una sognatrice. Visionaria, anzi, è forse la definizione più corretta. Lo ero già da piccola, quando mi rinchiudevo nella mia stanza a disegnare scene e personaggi di storie che la mia mente creava spontaneamente, e che già allora altro non erano che una fuga da una realtà che non mi piaceva e che adesso mi piace sempre meno.
Se prima erano le fiabe, poi i cartoni animati e i fumetti, col tempo sono arrivati i romanzi fantasy, le grandi saghe, da “Il Signore degli Anelli” alle “Cronache dei vampiri” fino alle due trilogie di "Terre d'Ange" che hanno contribuito non poco a creare questo mio mondo alternativo senza il quale, lo ammetto, mi sentirei molto triste e sola.
La figura del vampiro, poi, è sempre Prima di tutto, vorrei ringraziarti per avermi invitato a partecipare, e non ti nego che è stata stata preponderante nel mio immaginario, probabilmente a causa della mia innata paura della morte e della necessità di sottrarmi al continuo rimuginare sulla precarietà della vita umana. E quando finalmente Laurell K Hamilton ha creato questo universo meraviglioso, chiamato l’Anitaverse, in cui l'esistenza di vampiri e licantropi è riconosciuta e legalizzata dall’intera società civile, mi si è aperto un mondo nuovo; così, senza pensarci un istante, mi sono stabilita a St Louis.
La domanda mi nasce spontanea, come penso a molte altre persone che hanno letto il tuo racconto. Come mai la scelta di sviluppare la tua storia su due personaggi come Asher e Jean-Claude e non sulla coppia JC-Anita?
Da Stoker in poi, quella del vampiro è una figura romantica che, nonostante l’innegabile mostruosità, è capace di un amore intenso e totale, che trascende il tempo e le restrizioni culturali e religiose che sono inevitabilmente correlate all’epoca in cui si trova ad esistere un normale essere umano. Con Jean Claude è stato amore a prima vista: bello, potente, pericoloso e con un passato costellato di orrori e dolore in cui l’unica costante è stata la presenza di Asher, prima come grande amore poi come struggente rimpianto. Da vera fantasy-dipendente, io ho sempre seguito le saghe che più mi affascinano in lingua originale, perché proprio non riesco ad aspettare la traduzione in Italiano, che spesso è pure insoddisfacente; ed ecco anche perché ho scoperto subito non solo l’esistenza di Asher, ma anche il vero passato dei due vampiri, raccattando qua e là le informazioni che l’autrice fornisce a sprazzi nei vari libri. Questo mi ha permesso di forgiare una visione del rapporto tra Asher e Jean Claude che aderisce perfettamente al mio concetto di grande amore, fatto di passione, sacrificio, condivisione, disperazione e incapacità di concepire un’esistenza felice senza l’altro. Qualcosa che, mi spiace per le ammiratrici di Anita, è molto più intenso e sincero di ciò che sembra esserci tra il Master e la Sterminatrice.
Anche a me è piaciuto particolarmente il personaggio di Asher che ho conosciuto attraverso le pagine raccontate dalla Hamilton. Puoi spiegarci cosa ti ha colpito di più in questo personaggio?
Asher appare per la prima volta come cattivo, animato dal desiderio di vendetta per qualcosa di cui ha sempre accusato Jean Claude. Ma che in realtà, anche dopo duecento anni, scopre che i suoi sentimenti verso di lui non sono affatto mutati.
E’ un personaggio molto contorto. Inizialmente si presenta come un essere schivo e altezzoso, soprattutto a causa delle cicatrici che ormai ne deturpano la bellezza, e del suo passato che lo ha visto, per due secoli, sfruttato e sbeffeggiato come creatura mostruosa capace soltanto di provocare terrore e disgusto. Cauto e astuto negli affari, nella vita privata Asher è un passionale: irruente, nevrotico, possessivo e libertino, fiero della sua immortalità, dei suoi poteri e della sua capacità di ammaliare chiunque lui desideri. Che però, alla fin fine, soprattutto negli ultimi libri, non desidera altro che essere amato e appartenere di nuovo al suo antico amore.
Un bello e dannato dal cuore tenero, che ama al di là del tempo e dell’identità sessuale, esattamente come Jean Claude, e che trovo assolutamente affascinante. Con le amiche di cui sopra lo abbiamo spesso definito “checca isterica”; in realtà, nonostante la sua manifesta bisessualità, Asher è forse il personaggio più virile dell’intera saga, dalla personalità estremamente dominante tranne, forse, nel suo rapporto proprio con Jean Claude. E questo nonostante la signora Hamilton non dia ad entrambi lo spazio che meritano e di cui la maggior parte delle lettrici so per certo sarebbero estremamente felici.
Parlaci un pò di questa tua passione per la scrittura, come nasce? E' da molto che scrivi, hai qualche romanzo nel cassetto in attesa di essere pubblicato?
Scrissi la mia prima vera storia all’età di undici anni, quando il mio capo scout mi chiese di inventare qualcosa che si potesse recitare, e mi ritrovai improvvisamente nel ruolo di scrittrice, sceneggiatrice e pure costumista di un racconto fantastico in cui mi affibbiai la parte della strega- e quella fu la prima volta che il nome Morgana mi venne attribuito senza sapere neppure chi fosse!
Da quel momento, cominciai ad alternare il disegno con la scrittura, più come necessità che vero e proprio passatempo, finché la vita da studentessa mi privò del tempo, senza fortunatamente annullare la fantasia. Solo alcuni anni fa, il bisogno di non appassire e mantenere viva la mia anima in attesa di un’occupazione, mi ha ridato il piacere della lettura, a cui dedico ogni istante libero della mia giornata, spaziando tranquillamente da Goethe a Eco, da Anne Rice a Jacqueline Carey.
Poi, un giorno, un impulso mi spinse a cimentarmi in una breve Fan Fiction con cui partecipai a un contest organizzato dal forum di Anita Blake di cui facevo parte. E, contro ogni mia previsione e aspettativa, la mia storia fu la più votata.
Da lì in poi non ho più smesso. Come non smetterò mai di ringraziare Flora, Giusy e Lorenza, le tre persone che mi hanno spinto a calci, minacciandomi praticamente di morte se non avessi proseguito con la scrittura. Il pezzo che hai pubblicato, ad esempio, è uno dei quaranta capitoli di una racconto che ho scritto lo scorso anno, ambientato nella Parigi del ‘700, che avrebbe potuto benissimo essere un romanzo a parte. Devo ammettere che l’ispirazione maggiore mi è stata fornita dalle carenze che, mio malgrado, continuo a trovare nei romanzi di Anita Blake. A mio avviso, infatti, Laurell K Hamilton è l’esempio più evidente di genialità latente ma inespressa, capace di creare splendidi personaggi e trame intriganti che poi abbandona per strada, lasciando spesso i lettori a bocca asciutta, delusi e sempre più confusi. In attesa ovviamente del romanzo seguente in cui tutti speriamo che i dubbi vengano chiariti. E poi c’è chi, come me, sente il bisogno fervente di colmare quelle lacune e far vivere ai personaggi ciò che vorrebbe accadesse veramente.
Scusa, volevo dire nei romanzi!
Questo fino a che la mia mente non ha cominciato a elaborare una storia diversa.
Ebbene sì, ho un romanzo nel cassetto. Una storia mia, una sorta di romanzo gotico in cui il sentimento e il fantasy si intrecciano con eventi e personaggi storici e odierni, e in cui ho cercato di dar vita a sogni, desideri e situazioni che, purtroppo, quel frammento di razionalità che ancora mi resta sa per certo non potranno mai accadere. Per questo non esito a definire questo racconto come la mia personale realtà alternativa, una bella avventura che procede e si sviluppa, come sempre in tutte le mia storie, tra lacrime e sangue, tra risate, struggimenti e momenti di intensa passione che spero, un giorno, di vedere pubblicato. Così da poterlo condividere con chi, come me, sogna da sempre… qualcos’altro.
Come vedi il panorama editoriale italiano in questo momento? Secondo te, come mai gli scrittori italiani, così come le scrittrici ben inteso, fanno fatica a emergere rispetto agli stranieri?
Purtroppo l’amara verità è che il mondo è mosso dal denaro e non dalle passioni, come nei romanzi, qui più che altrove.
Negli Stati Uniti lo spirito imprenditoriale vince sul timore di investire su nuovi talenti, e questo vale per l’editoria come per il cinema, la ricerca e ogni altro campo in cui è in gioco la creatività e le capacità mentali. Si tenta, si sperimenta, salvo poi abbandonare tutto nel caso i risultati non siano soddisfacenti.
In Italia questo non accade. Le grandi case editrici preferiscono tradurre, spesso male, e pubblicare libri che negli altri Stati sono già Best Sellers o comunque hanno conquistato un pubblico consistente. Spesso a prescindere dalla qualità del prodotto che, in molto casi, è obiettivamente scadente; anche perché bisogna considerare che l’Italiano è una lingua meravigliosa ma incredibilmente complicata, e scrivere un buon romanzo in Italiano è mille volte più complicato che scriverlo in Inglese.
Eppure esistono centinaia di potenziali scrittori e scrittrici talentuosi e indubbiamente migliori di altri che invece hanno già raggiunto il successo. Il problema vero riguarda proprio gli emergenti, dato che non si può dire che, nelle classifiche dei libri, gli Italiani non occupino posizioni elevate: Umberto Eco, Manfredi, Camilleri, Baricco, Augias tanto per citare i primi che mi vengono in mente. Accanto ai quali troviamo comici, cantanti, calciatori e attori che si improvvisano scrittori e vendono milioni di copie, che si cimentino nella stesura di thriller, biografie, barzellette o ricette culinarie poco importa. Alla fine si riduce tutto al denaro che un editore decide di investire in pubblicità e promozione. Cosa che in Italia, più che da altre parti, dipende da una buona dose di fortuna e, purtroppo, dalla possibilità di entrare o essere già parte del "giro giusto".
E poi esistono rari casi in cui anche la genialità e la capacità vengono premiate.
Morgana io ti ringrazio di aver voluto condividere con noi questo tuo racconto e spero davvero che tu riesca a perseguire i tuoi obiettivi futuri come scrittrice, perché a mio parere, hai davvero tutte le qualità richieste per riuscirci. Tienici informati ok? Un in bocca al lupo e grazie ancora di essere stata con noi.
Grazie a te per avermi offerto l’opportunità di “mostrarmi” e per il bel lavoro che svolgi con il tuo blog. E crepi il lupo… anche se spero vivamente che qualcuno inventi un’altra frase scaramantica che non coinvolga lupi, balene e simili!
il racconto mi è piaciuto molto...in effetti concordo sulla figura di Asher e Jean Claude a volte penalizzate dall'autrice ch eper farcire il racconto di milioni di ostacoli, imprevisti, etc. dà poco risalto a queste 2 figure di per sè affascinanti e misteriose e di cui sappiamo ancora poco.
RispondiEliminaConcordo con te Care, diciano che la sua è stata probabilmente una scelta commerciale, come si può immaginare... Peccato davvero!
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