mercoledì 24 agosto 2011

Recensione "Il Diacono"





Il Diacono è un romanzo poderoso di quasi cinquecento pagine, un affresco orrorifico,

come nella migliore tradizione dei migliori romanzieri del genere (It e L’Ombra dello scorpione di Stephen King), un viaggio nella dimensione terrificante dell’incubo, un horror metropolitano dove s’intrecciano le vite di decine di personaggi che compongono i pezzi di un enorme mosaico e che costituiscono l’intelaiatura del libro.”

-Horror Magazine-


Qualcosa sta succedendo nel mondo, qualcosa d’estremamente inquietante di cui si è accorto solo un esiguo numero di monaci, appartenenti a un ordine segreto di esorcisti – “I Celati” – ormai in via di estinzione: sono a loro a dover lottare l’ultima battaglia, quella decisiva, contro il Male, che questa volta ha preso le sembianze di una bellissima quanto diabolica donna-demone, il cui simulacro è costituito da un’inquietante statuetta.



E il Male, quando decide di attaccare, sa bene come farlo: usa la possessione, consapevole del fatto che ogni essere umano sulla terra costituisce una “porta”, ossia un varco che può essere penetrato dal malefico, permettendo a questo di proliferare e infettare l’intera umanità, ormai pericolosamente vicina allo sterminio. Mentre aumenta in maniera esponenziale il numero di “posseduti”, infatti, nei luoghi culto della religione nel mondo e dovunque siano presenti spedizioni cristiane – in Uguanda, in Brasile, in Spagna, in Italia e soprattutto nel regno della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano – incomprensibili e disastrosi incidenti decimano i preti esorcisti e mettono a repentaglio la vita di migliaia di persone. Ora più che mai, la Chiesa deve agire, e lo fa senza mezze misure: i difensori della Fede – monaci, preti, vescovi e finanche il Papa – si trasformano dunque in veri e propri combattenti che viaggiano, si organizzano in squadre, studiano i punti deboli del nemico e, laddove occorre, usano la forza.






"Farnese guardò il cellulare come se si trattasse di un manufatto alieno.

Facendo molta attenzione, quasi temesse di ustionarsi, lo avvicinò all’ orecchio.
-Pronto?-
-Chi sei?-, chiese di nuovo la voce.


Un brivido serpeggiò sulla schiena del cardinale.
Farnese sentì all’improvviso diffondersi nell’aria un intenso profumo di viole.
Non erano mai state piantate viole nei giardini vaticani. Mai.


Infilò la mano sotto la tonaca e impugnò il crocefisso di metallo dell’Ordine.
Sentì la pelle delle braccia accapponarsi.


-Voglio parlare con il vescovo- disse bruscamente nel microfono.


Era un ordine, non una richiesta.


-Non puoi- rispose lo sconosciuto.

-Dimmi chi sei, coraggio…- insisté.

L’aria si fece più fredda.


Farnese capì che a Barcellona era successo qualcosa di brutto. Parecchio brutto
.
Sentì la schiena bagnarsi di sudore.
-Fammi parlare col Vescovo. Subito. Te lo ordino in nome del Padre, del Figlio e dello…-

La risata che seguì fu fragorosa.


-Tu non puoi parlare con nessuno, prete, perché sono morti-
.
La voce si fece via via più roca e bassa, sino a 
diventare quasi un ruggito.
-Sono tutti morti!-"






Ora che le “porte” sono state violate, l’equilibrio che per secoli ha permesso agli uomini di vivere e riprodursi sulla Terra si è spezzato, e la sopravvivenza stessa dell’uomo è messa in pericolo da una forza così arcaica e malvagia da non avere nome né eguali…


Basterà il Bene custodito dagli uomini per fermare l’avanzata del male?






Mentre gli esseri umani vanno trasformandosi in pedine oscure, zombie dagli occhi gialli privi ormai di ogni umanità, il destino della Terra è nelle mani di un Monaco chiamato “Il Diacono”, il più potente e temuto esorcista dai tempi di Gesù Cristo…


Il Commento di Rossella


Appartenente all’insolito e ibrido genere letterario dell’horror a sfondo teologico, “Il Diacono” di Andrea G. Colombo è un romanzo di notevole spessore, intenso e colto, degno del miglior Stephen King. In primis per lo stile letterario, una scrittura di altissima qualità, ricca di termini insoliti e originali, di immagini vivide e allo stesso tempo concrete, che pur lasciando spaziare la fantasia del lettore, rimangono saldamente ancorate all’universo del "possibile". È proprio questa caratteristica, infatti, che rende questo romanzo così avvincente e inquietante: gli eventi narrati, per quanto fantasiosi, sono tuttavia possibili, trovano spunto e terreno fertile nella vita di tutti i giorni, nei luoghi – conventi, piazze, ospedali, stazioni – che noi tutti frequentiamo abitualmente. Inoltre la trama presuppone e lascia ampiamente immaginare, un lavoro di ricerca profondo e accurato, che ha spaziato in lungo e in largo tra i misteri della fede e la geografia di luoghi esotici, da sempre impressi nell’immaginario collettivo. Anche la struttura della narrazione – capitoli brevi, continuo cambio di scena e di personaggi, come in un velocissimo dramma da teatro – contribuisce all’unicità di un’opera che porta una ventata di freschezza nel monotono panorama “orrori fico” italiano. La trama, parecchio intricata, è ricca di flashback e personaggi, ma mai confusa, donandoci un epiologo d'effetto: a differenza di quanto accade in altri thriller, infatti, il finale è degno di tale nome, a dimostrazione del fatto che Colombo padroneggia la trama con abilità ed esperienza.









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