mercoledì 14 settembre 2011

Recensione "Questo corpo mortale" di Elizabeth George




Il cadavere sgozzato di una giovane donna
viene ritrovato in un cimitero della periferia londinese...





"Che posto ignobile per morire, pensò Isabelle.
Si accucciò per osservare la vittima

e il suo stomaco si ribellò al fetore della carne in decomposizione,
spesso come nebbia giallastra.
«Sappiamo chi è?»
«Sul corpo non c’è nulla.

Non c’è nemmeno una borsetta, nulla che ci possa indicare chi è.

«Gli occhi? Perché? Cos’hanno?»

«Guardi lei stessa. Sono opachi, certo, ma l’iride si vede ancora.
Molto interessanti, a mio parere.
Occhi così non se ne vedono spesso.»"




Il caso viene affidato alla squadra di Scotland Yard coordinata dal sovrintendente provvisorio Isabelle Ardery che sostituisce il detective Thomas Linley andato in congedo dopo la tragica scomparsa della moglie.

La peculiarità degli occhi consente l’identificazione della vittima. Lei è Jemima Hastings, una ragazza originaria dell’Hempshire trasferitasi a Londra per ragioni misteriose. Risalire al movente e all’autore dell’omicidio sembra un’impresa impossibile. Gli unici indizi a disposizione degli inquirenti consistono nella particolare inclinazione della donna a infatuarsi di qualsiasi uomo le capitasse a tiro. Mentre le indagini conducono la Ardery e i membri della sua squadra dalla capitale alla New Forest, Meredith Powell, amica d’infanzia della vittima, si improvvisa investigatrice seguendo una pista personale. Intanto le reminiscenze di un altro efferato delitto riaffiorano dal passato...

Il tutto si complica, la squadra finisce nel mirino dei media e Isabelle si vede così costretta a chiedere aiuto a Linley che, suo malgrado, si lascerà il passato alle spalle e tornerà a mettersi in gioco fornendo un contributo prezioso alla soluzione del caso.

"«Thomas, va bene. Voglio dirle tutta la verità. Voglio che accetti di aiutarmi con questo caso per aumentare le mie possibilità di ottenere l’incarico permanente qui. […]

Lui rimase in silenzio ma lei capì che stava considerando la sua richiesta, soppesandola, confrontandola con la vita che stava vivendo ora, valutando come sarebbero potute cambiare le cose e se quel cambiamento avesse fatto una differenza. Alla fine disse: «Devo pensarci». «Per quanto?» «Ha un cellulare?» «Certo». «Allora mi dia il numero. Glielo farò sapere prima di sera.» La vera questione per lui non era tanto se l’avrebbe fatto, quanto cosa significava. Aveva cercato di abbandonare il lavoro di poliziotto, ma il lavoro lo aveva ritrovato, e avrebbe continuato a farlo, che lui lo volesse o no."


Il commento di Miriam

Elisabeth George è sicuramente un’autrice dai numerosi pregi: riesce a elaborare trame tanto complesse quanto avvincenti, a catturare l’attenzione del lettore e a mantenerla vigile per centinaia di pagine senza mai annoiare, a dipingere scenari suggestivi e a tratteggiare i suoi personaggi con tanta abilità da renderli vivi, scavando nella loro psicologia.

“Questo corpo mortale” non fa eccezione. È un thriller che si legge tutto d’un fiato benché non lo si possa annoverare tra i suoi romanzi migliori. La New Forest, che fa da sfondo a buona parte della storia, si configura come un’ambientazione ricca di grandissimo fascino in grado di trascinaci lontano dalla frenesia della vita cittadina, catapultando il lettore in una dimensione che ha un sapore d’altri tempi. Tra pony che scorrazzano in libertà, conciatetti e guardaboschi, si ha la sensazione di ritrovarsi in un luogo fiabesco, ma allo stesso tempo inquietante perché ricettacolo di orribili segreti.
Intriganti i personaggi che si muovono in questo scenario: dall’enigmatica Gina Dickens al tenebroso Gordon Jossie, passando per Meredith Powell, provetta investigatrice dal grande acume e dalle mille risorse. Poco convincente, invece, Isabelle Ardery, il sovrintendente provvisorio che dovrebbe sostituire lo storico Linley. Meno carismatica del suo predecessore, suscita antipatia e si connota soprattutto per i suoi difetti: arrivista, accentratrice, alcolizzata e neanche tanto brillante nel ruolo professionale che le compete. A conquistare il lettore, rimangono i “vecchi” membri della squadra, personaggi familiari per gli aficionados della George: il sergente Barara Havers e Winston Nkata che qui non mancano di regalarci qualche delizioso siparietto comico. Appassionante l’intreccio tra le cui pieghe serpeggia anche la denuncia sociale, sebbene il fatto che da circa metà romanzo si intuisca la soluzione del giallo gli attribuisca una nota di demerito, rendendo il finale un pò troppo scontato.

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